Come si può notare dal titolo, in questo breve elaborato proverò ad analizzare i molteplici aspetti che caratterizzano ogni singolo principio nutritivo, soffermandomi con particolare attenzione, su quelle che sono le trasformazioni che avvengono all’ interno di ognuno di loro durante una fase di cottura.
Cominciamo con il ricordare quali sono appunto i principi nutritivi, ovvero: i glucidi, detti anche carboidrati, i lipidi, i protidi, più comunemente detti proteine, e le vitamine. Naturalmente i principi nutritivi non si esauriscono con quelli appena citati. Questa breve interruzione mi serve soltanto per poter inserire un ulteriore distinzione, dicendo appunto che i principi elencati vengono considerati sostanze organiche, in quanto contenenti al loro interno la molecola fondamentale per tutti i composti organici: il Carbonio; elemento che come è naturale pensare è totalmente assente nei rimanenti due principi nutritivi ovvero: l’ acqua e i sali minerali.
Cominciamo con l’ analizzare quelli che da un punto di vista nutrizionale vengono ad essere più importanti rispetto agli altri.
I glucidi.
I glucidi sono sostanze ternarie, ovvero composte da carbonio, idrogeno ed ossigeno, le quali vengono denominate come DERIVATI ALDEIDICI O CHETONICI DI ALCOLI POLIVALENTI, in quanto nella loro composizione chimica presentano almeno due gruppi alcolici e un gruppo aldeidico o chetonico.
I glucidi sono le sostanze organiche più diffuse, questo li rende anche i principali principi alimentari di cui l’ organismo umano necessita; si calcola infatti che il fabbisogno calorico giornaliero di un uomo adulto debba essere ricoperto per circa il 55% da Kcal provenienti dai glucidi. Forniscono circa 4Kcal/g e vengono utilizzati in prima linea dal nostro organismo in caso di necessità, quali la ipoglicemia.
Una delle tante classificazioni, nonché la principale, che vengono fatte sui glucidi ci permette di distinguerli in base al numero di molecole zuccherine che compongono ogni singolo glucide; avremo così; MONOSACCARIDI o monosi, costituiti da una sola molecola glucidica, gli OLIGOSACCARIDI, con un numero di molecole compreso tra 2 e 9 ed infine i POLISACCARIDI ,costituiti da 10 o più molecole glucidiche.
I monosaccaridi non sono altro che i costituenti fondamentali sia degli oligosaccaridi che dei polisaccaridi, che unendosi tra di loro danno vita a molecole glucidiche costituite anche da migliaia di unità. I monosaccaridi possono essere ulteriormente distinti in esosi e pentosi, in base al numero di carboni che vanno a costituire la catena carboniosa.
I monosaccaridi vengono successivamente separati in aldosi o chetosi, in base alla posizione del gruppo carbonilico, il quale se si verrà a trovare all’ estremità della catena darà un aldoso, al contrario se si verrà a trovare all’ intero della catena avremo un chetoso. Ogni sottogruppo inoltre, viene ad avere un suo capostipite, rispettivamente il gliceraldeide per gli aldosi e il diidrossiacetone per i chetosi.
Quasi tutti i monosaccaridi presentano all’ interno della loro catena uno o più centri chirali, ovvero atomi di carbonio assimetrici( carboni che si legano a 4 atomi o raggruppamenti atomici differenti ) i quali provocano la formazione di due isomeri, meglio detti enantiomeri, denominati forma L e forma D, a seconda che l’ ultimo gruppo ossidrilico della catena venga a trovarsi o a sinistra o a destra.
In natura i monosaccaridi si presentano con una forma ciclica, quindi una catena chiusa. La chiusura della catena provoca un’ ulteriore distinzione in isomeri alfa e beta, in base alla posizione del gruppo ossidrilico rispetto all’ asse della molecola.
Monosaccaridi quali il glucosio, il fruttosio oppure il galattosio unendosi tramite legami glicosidici vanno a costituire gli oligosaccaridi, in particolar modo se si uniscono esclusivamente due monosaccaridi si parla di disaccaridi, un sottogruppo che però a livello nutrizionale ricopre un ruolo di fondamentale importanza. Parliamo ad esempio del maltosio del lattosio, del saccarosio, il nostro semplice zucchero da cucina. Quando le molecole di monosi cominciano ad essere più di dieci
allora cominciamo a parlare di polisaccaridi. Questi sono una categoria di primo piano in quanto sia nel mondo animale che in quello vegetale vanno a ricoprire un ruolo basilare.
I glucidi svolgono essenzialmente due funzioni all’ interno dell’ organismo umano come in quello degli altri esseri viventi, ovvero la funzione energetica e la funzione strutturale.
In particolar modo i monosaccaridi vanno ad essere utilizzati come principale carburante per un’ energia a rapido assorbimento ed utilizzo, mentre alcuni polisaccaridi, quali per esempio l’ amido, svolgono una funzione di riserva energetica per i momenti di bisogno. I polisaccaridi non svolgono solo una funzione energetica ma anzi la loro è una funzione essenzialmente plastica, ovvero fungono da costituenti per le pareti cellulari degli organismi viventi, come la cellulosa per l’ appunto, che in ogni caso gli animali erbivori possono utilizzare come fonte energetica.
Dopo aver analizzato sommativamente le caratteristiche chimiche dei glucidi passiamo ora ad osservare quali sono le modificazioni che la cottura, la somministrazione di calore, provoca nei glucidi.
L’ amido ad esempio sottoposto a fortre calore( es. in forno ) tende a gelatinare per poi ad un certo punto essiccare completamente e solidificarsi, inoltre si scinde in destrine a tutto vantaggio della digestione ma anche della iperglicemia, in quanto scindendosi diviene più facilmente assorbibile dall’ organismo. Scindendosi acquista un sapore più zuccherino ed appetibile.
Differente è invece la cottura dell’ amido in acqua bollente. Con questa cottura infatti molto amido si dissolve nel liquido di cottura e comunque la temperatura non è sufficiente perchè i granuli di amido possano rompersi.
Come l’ amido anche gli zuccheri semplici sono soggetti a trasformazioni. Ad esempio il saccarosio come molti zuccheri semplici tende a sciogliersi formando il caramello, grazie al processo di caramellizzazione. Molto particolare è quello che accade se in fase di cottura molecole glucidiche e protidiche vengono ad incontrarsi. Le due differenti molecole costituiscono composti brunastri che conferiscono ad esempio il tipico colore nocciola ai prodotti da forno. Questa trasformazione viene indicata come reazione di Maillard.
Analizzati i glucidi passiamo ora a i lipidi, più comunemente chiamati grassi.
I lipidi sono a loro volta sostanze organiche ternarie che svolgono un’ importante funzione di riserva energetica e bioregolatrice. Si è soliti distinguere i lipidi in oli, di origine vegetale e liquidi a temperatura ambiente, e grassi, di origine animale e con uno stato fisico solido.
Questa distinzione rispecchia una differente conformazione in acidi grassi, insaturi( prevalentemente poliinsaturi ) negli oli, saturi nei grassi. Un acido grasso viene ad essere insaturo o poliinsaturo quando all’ interno della catena presenta uno o più doppi legami carbonio carbonio. Questo conferisce alcune caratteristiche alla molecola, che viene ad essere meno stabile a tutto discapito della conservabilità. Questo però non sminuisce la fondamentale importanza a livello nutrizionale degli acidi grassi poliinsatusi.
Tra gli acidi grassi ritroviamo un sottogruppo basilare,gli acidi grassi Essenziali, ovvero quegli acidi grassi che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare ma che sono appunto essenziali per l’ intero metabolismo umano.
In base alla presenza di acidi grassi nelle molecole lipidiche distinguiamo ulteriormente i lippidi in : SAPONIFICABILI e INSAPONIFICABILI. La saponificazione è un processo che subiscono gli acidi grassi in presenza di idrolisi alcalina, non a caso il sapone è costituito da sali alcalini di acidi grassi.
Tra i saponificabili ricordiamo tra gli altri i gliceridi, ovvero esteri del glicerolo uniti ad acidi grassi. Di questi è importante non scordare i trigliceridi, i lipidi più importanti a livello nutrizionale in quanto maggiori costituenti delle riserve energetiche sia di vegetali che di animali.
Oltre ai gliceridi non bisogna dimenticare i fosfo e i glicolipidi, detti anche lipidi di membrana o strutturali, che svolgono un importantissima funzione plastica in quanto costituenti delle pareti cellulari.
I glucidi forniscono 9Kcal/g e si calcola che debbano coprire circa il 30% del fabbisogno energetico giornaliero, con una prevalenza all’ interno di questo quantitativo di lipidi poliinsaturi rispetto a quelli saturi, senza dimenticare un giusto e costante apporto di AGE ( acidi grassi essenziali ) e di Lipidi strutturali" href="encyclopedia-277.html" target="_self">lipidi strutturali.
Analizzate quindi anche le principali caratteristiche chimico-fisiche dei lipidi, passiamo ad osservare gli effetti che la cottura ha su di essi.
Durante la fase di cottura i fattori che influenzano maggiormente i lipidi sono la temperatura e l’ aria.
La prima agisce ad esempio sul punto di fusione dei grassi., che scaturisce di conseguenza nel punto di fumo, ovvero la temperatura a cui un determinato grasso comincia a fumare, sintomo della sua decomposizione e formazione di sostanze tossiche e ormai non pi utilizzabilità. In base al punto di fumo quindi possiamo fare una selezione dei grassi in base alla tipologia di cottura che dovremo approntare. Oli con un alto punto di fusione andranno bene per cotture come la frittura che necessitano di temperature elevate.
Con l’ alta temperatura avviene anche la rottura delle molecole di trigliceridi con la formazione di acidi grassi e glicerina, la quale in parte, può trasformarsi in una sostanza tossica denominata acroelina.
I lipidi incorrono anche in processi di polimerizzazione, ovvero di aggregazione, con la formazione di grandi molecole che impediscono e ostacolano una corretta digestione.
Gli acidi grassi insaturi, grazie alla loro particolare composizione chimica, tendono a fenomeni quali la autossidazione e l’ irrancidimento, processi dovuti alla reazione di quest’ ultimi con le molecole di ossigeno presenti nell’ aria.
Troviamo ora i protidi, o piu comunemente detti proteine.
I protidi sono a loro volta sostanze organiche, quaternarie questa volta in quanto presentano oltre che al carbonio, all’ ossigeno e all’ idrogeno anche l’ azoto. Svolgono essenzialmente una funzione plastica e bioregolatrice, ma il fatto che ne esistano a migliaia e che siano estremamente differenti tra di loro ci puo far capire quante siano le funzioni metaboliche che svolgono e l’ impotanza basilare che ricoprono all’ interno del nostro organismo.
Sono costituite da sequenze di amminoacidi che vengono a legarsi tra loro tramite legami peptidici. Essi sono appunto le unità fondamentali di quest’ ultime e in natura sono circa venti, le migliaia di combinazioni che però si vengono a creare danno vita a migliaia di proteine ognuna con una propria funzione.
Gli amminoacidi sono degli atomi di carbonio assimetrici. Infatti il carbonio viene ad essere legato ad un gruppo amminico, ad uno carbossilico ed ad un atomo di idrogeno; a questi si va ad aggiungere una parte variabile denominata –R che è propria di ogni amminoacido e che conferisce le caratteristiche peculiari.
Esse possono essere classificate in base alla loro forma in fibrose e globulari, oppure in base alla loro composizione chimica che le divide in semplici( ovvero costituite da sole molecole proteiche ) o coniugate( ovvero associate a molecole non proteiche quali le glicoproteine, che presentano al loro interno componenti di origine glucidica ).
Le proteine differiscono inoltre per la loro struttura. Esistono proteine con una sequenza, una catena lineare detta primaria, altre che presentano alcune irregolarità appartenenti alla struttura secondaria, altre ancora che hanno un aspetto aggrovigliato simile ad una masserella detta terziaria, ed infine troviamo associazioni unioni di più proteine che possedevano già una struttura terziaria che compongono questi grovigli proteici definiti con la denominazione di struttura quaternaria.
L’ assunzione di proteine non è fondamentale in quanto fonte di energia, anche se al pari dei glucidi forniscono 4Kcal/g, ma in quanto fonte di amminoacidi che il nostro organismo utilizza come componenti di nuove proteine, le quali andranno a svolgere le più diversificate funzione, da costituenti dei tessuti organici, a ormoni a enzimi nelle reazioni metaboliche.
Il fabbisogno proteico si attesta intorno al 10-15% di quello giornaliero circa un grammo di proteine per ogni kg di peso, senza mai dimenticare un giusto apporto degli A.A. ESSENZIALI fondamentali per l’ organismo
Osserviamo ora ciò che avviene in una proteina durante la cottura.
La cottura non provoca riduzioni sensibili del valore nutritivo delle proteine ma comporta un aumento della loro digeribilità. Tuttavia una cottura troppo prolungata può portare ad una minore disponibilità di alcuni AA essenziali come cisteina, triptofano, metionina, lisina.
Se la cottura di alimenti ricchi di proteine viene condotta in ambiente acido ( ad es. presenza di aceto, limone e salsa di pomodoro ) si hanno modificazioni simili a quelle ottenute con la digestione ( formazione di molecole più piccole ).
Una reazione di trasformazione che riduce il valore nutritivo delle proteine è quella tra le proteine e gli zuccheri ( reazione di Maillard ). Fenomeni negativi si verificano quando la cottura, soprattutto l' arrostimento, si prolunga tanto da far diminuire la capacità delle proteine a legare l' acqua; ne segue un' azione più difficoltosa da parte dei succhi gastrici ( minore digeribilità ).
La lessatura determina il passaggio delle proteine solubili nell' acqua con perdita di valore nutritivo se il brodo non viene utilizzato.
· se l' alimento proteico viene introdotto nell' acqua già bollente, l' alta temperatura provoca coagulazione delle proteine superficiali con protezione di quelle solubili che si trovano all' interno della massa; ne consegue un buon lesso e un brodo povero;
· se si immerge il pezzo di carne in acqua fredda non salata, man mano che il riscaldamento procede, le proteine solubili passano nel liquido di cottura che ne diventa più ricco; si ha così un buon brodo e un pessimo lesso.
Carne e pesce contengono una discreta quantità di creatina, ma una buona percentuale viene persa durante la cottura.
Analizzati i glucidi, i lipidi e i protidi, procediamo ora con il parlare degli ultimi principi nutritivi organici: le vitamine.
Sono indispensabili per le funzioni metaboliche ed ognuna ricopre una fondamentale funzione all’ interno dell’ organismo. Alcune di esse sono sintetizzabili dall’ organismo umano, ma un giusto e costante apporto evita di incorrere in fastidiose e a volte pericolose patologie da carenza vitaminica.. Molto diversificate tra loro dal punto di vista chimico, sono state uno dei grandi passi avanti per ciò che riguarda la gli studi di biochimica .
Possono essere influenzate da svariati fattori, quali le antivitamine, la luce, il calore, la temperatura, l’ acidità o la basicità che ne possono alterare le funzioni fino ad inattivarle.
Le vitamine agiscono nel nostro organismo in piccoli quantitativi nell’ ordine dei mg, ma nonostante ciò un minimo squilibrio può provocare anche danni consistenti.
Vengono classificate essenzialmente in due grandi gruppi: VITAMINE IDROSOLUBILI E LIPOSOLUBILI, a seconda che siano solubili in acqua( le prime ) o in solventi organici( le seconde ).
tra le idrosolubili ricordiamo la Tiamina, cura contro il beri beri, la Riboflavina, costituente di alcuni importanti coenzimi, e la Niacina, utilizzata come rimedio contro la pellagra.
Tra le liposolubili ritroviamo alcune tra le più conosciute quali la vitamina A o retinolo, la D o calciferolo ed infine la vitamina E detta anche tocoferolo.
Passiamo ora a parlare dei Sali minerali, in modo da poter affrontare poi la cottura di questi due principi nutritivi assieme, in quanto presentano molte problematiche comuni.
I Sali minerali sono sostanze inorganiche fondamentali per l’ organismo umano, possono trovarsi all’ interno del nostro corpo sotto forma inorganica, in cristalli, oppure disciolti in solventi, in liquidi organici, molto spesso associati a molecole organiche.
Svolgono essenzialmente funzioni di struttura, nonché di bioregolazione e di controllo.
Essi possono essere divisi in metalli e non metalli, anche se la classificazione più utilizzata è quella che li suddivide in microelementi e macroelementi, qust’ ultimi con una concentrazione nel nostro organismo non inferiore al 3%.
Tra i microelementi ricordiamo il ferro, di fondamentale importanza, lo iodio e il fluoro,fondamentale per il mantenimento di ossa e denti.
Mentre tra i macroelementi citiamo soprattutto il cacio, costituente essenziale dello scheletro, il fosforo, il magnesio e lo zolfo.
Come abbiamo gia detto vitamine e Sali minerali presentano alcuni aspetti, alcune problematiche comuni nei processi di cottura.
Se le operazioni di cottura non sono condotte in modo idoneo si possono registrare perdite anche notevoli di vitamine a causa della loro scarsa stabilità ( nei confronti del calore, della luce, dell' ossigeno, di sostanze acidificanti o alcalinizzanti ).
Le perdite di sali minerali sono dovute alla loro elevata solubilità nell' acqua di cottura.
Quando i cibi vengono lessati la perdita di vitamine e di sali minerali è maggiore se si usa troppo liquido di cottura, se essi sono troppo sminuzzati e se l' ebollizione dura a lungo; a parità di sistema di cottura le perdite variano da un prodotto all' altro in funzione dell' acidità e della presenza di sostanze antiossidanti naturali.
Per dare un ordine dì grandezza delle perdite, riferendoci al ferro, si può dire che nei prodotti vegetali il contenuto di questo elemento diminuisce del 15% circa per la cottura con molta acqua e del 10% circa nella cottura a vapore ( senza acqua ).
Analizziamo ora l’ ultimo principio nutritivo rimasto: l’ acqua.
L’ acqua è il componente fondamentale di ogni organismo vivente di cui costituisce circa il 70%.
L’ acqua costituisce l’ ambiente perfetto in cui la vita si può sviluppare, ne è una prova il nostro pianeta, il quale per la maggior parte della sua superficie è ricoperto da acqua.
Molte delle caratteristiche dell’ acqua sono dovute al fatto che si tratta di una molecola polare ovvero con una leggera carica positiva e negativa, questo permette alle molecole di unirsi molto facilmente tra di loro,tramite legami denominati PONTI IDROGENO, ma allo stesso tempo di disunirsi in un attimo.
Questa grande mobilità molecolare sta alla base dei tre stati fisici in cui noi la possiamo trovare, ovvero liquida, solida ed aeriforme.
L’ acqua ha molte caratteristiche proprie quali la capillarità, proprietà di idratazione, alto punto di fusione e di ebollizione, nonché un elevato calore specifico.
All’ interno del nostro organismo distinguiamo l’ acqua in extracellulare, ovvero tra le cellule e intracellulare, all’ interno delle cellule stesse.
L’ acqua svolge numerose funzioni fondamentali per il nostro organismo: funge da trasportatore per le sostanze nutritive, svolge un’ importantissima funzione di termoregolazione nonché plastica e costituisce l’ ambiente in cui avvengono le reazione metaboliche e digestive.
Per questi motivi il contenuto e il riciclo di acqua nel nostro corpo deve essere costante e continuo; bisogna mantenere un perfetto equilibrio idrico tra l’ acqua introdotta e quella eliminata per evitare si problemi di disidratazione ma anche da intossicazione da acqua.
Alla fine di questo breve elaborato, credo di aver sommativamente spiegato o quanto meno elencato alcune delle principali nozioni sui principi nutritivi e sulle loro modificazione nei processi di cottura.
Spero che questo mio elaborato possa essere di aiuto o punto di partenza per lavori futuri, che con l’ aggiunta di nuove conoscenze e studi possano integrarlo e miglioralo. |