Negli ultimi anni si sta diffondendo l’ abitudine, sempre più frequente, di consumare pasti fuori casa. Si ha quindi di conseguenza un notevole incremento nella produzione di piatti pronti o comunque unicamente da riscaldare, piatti che vengono consumati generalmente in un lasso di tempo inferiore alla mezz’ ora. Questa nuova tendenza porta la vasta gamma di utenza ad andare incontro ad un maggiore rischio di contaminazioni di vario tipo ( chimico, biologico, … ). Per evitare tutto ciò vengono effettuati moltissimi controlli dei NAS dei carabinieri nei vari locali che preparano o somministrano alimenti, con lo scopo di controllare lo stato di conservazione e soprattutto la salubrità dei prodotti stoccati che verranno poi eventualmente sottoposti ad ulteriori trasformazioni prima del consumo.
I consumatori generalmente contraggono una infezione o una intossicazione a seguito di ingestione di un prodotto contaminato, però è molto importante risalire alla fonte che ha alterato la salubrità del prodotto. Da questo punto di vista possiamo individuare 4 “fasi” durante le quali l’ alimento può venir alterato: raccolto, trasformazione o preparazione, manipolazione da parte degli addetti, conservazione.
Parlando di raccolto generalmente si intende la materia prima contaminata all’ origine che non rappresenta però in genere un possibile rischio di alterazione poiché i trattamenti successivi dovrebbero inattivare i microrganismi presenti o comunque bloccarne la riproduzione. Al momento dello stoccaggio di materie prime in eccesso si può avere invece una riproduzione di microrganismi principalmente se,nel caso di prodotti da surgelare o congelare, questi non vengono stoccati in opportuno congelatore. Anche gli alimenti deperibili ( frutta, verdura, ortaggi, ecc. ) vanno conservati attuando ogni precauzione necessaria per evitare deperimenti.
Durante la fase di trasformazione della materia prima in prodotto finito è invece indispensabile effettuare una continua pulizia e un continuo controllo sull’ igiene dei locali, dei materiali utilizzati, degli impianti e delle attrezzature.
Infatti utilizzando utensili o superfici di lavoro sporche anche solo leggermente si espone l’ alimento ad un altissimo rischio di venire a contatto con i microrganismi. A questo punto diventa fondamentale il comportamento degli operatori addetti alla lavorazione. Loro possono infatti dare luogo a contaminazioni crociate pericolosissime, appunto utilizzando strumenti non adeguatamente igienizzati e puliti.
L’ operatore, essendo il principale responsabile di eventuali contaminazioni deve attenersi a regole molto rigide ( molte delle quali sono però semplici abitudini che andrebbero sempre rispettate e messe in atto ): è tenuto infatti ad indossare sempre una divisa idonea e pulita raccogliendo i capelli in un copricapo, effettuare sempre un accurata pulizia personale prima del servizio e, soprattutto, lavare molto bene la mani a seguito dell’ utilizzo dei servizi igienici o anche in caso di tosse e raffreddore ( nel caso di malattia infettiva deve invece astenersi dal lavoro ).
L’ ultimo elemento di possibile contagio è dato dalla conservazione degli alimenti e delle pietanze.
Vengono infatti stabilite temperature specifiche per ogni tipo di alimento ( deperibile cotto da consumare caldo, deperibile cotto da consumare freddo, alimenti deperibili a base di panna o latticini, ecc ). Addirittura l’ OMS è intervenuto stilando un “decalogo d’ oro” per una corretta conservazione.
Anche se durante tutto il processo lavorativo vengono rispettate al meglio le norme di igiene non è comunque garantito che l’ alimento alla fine di tutto sia ancora totalmente salubre.
Quindi vengono effettuati dei controlli ad opera di autorità preposte con lo scopo principale di garantire gli interessi e la salute dei consumatori ( che, come abbiamo detto, sono sempre più numerosi ). Queste autorità preposte sono essenzialmente 3:
· I NAS dei carabinieri inviati dal Ministero della Sanità;
· Le regioni e le province autonome;
· I comuni tramite le ASL.
Il controllo consiste innanzi tutto in un’ ispezione effettuata mediante colloqui con il personale di un’ impresa, rilevamento dei dati delle attrezzature, valutazione dell’ efficacia delle procedure attuate per garantire l’ igiene e la salubrità.
A questa poi può seguire una più attenta analisi su campioni dei vari prodotti e un più approfondito controllo dell’ igiene del personale operativo.
Questi controlli negli anni passati venivano effettuati saltuariamente e agivano con il cosiddetto “metodo reattivo” che consentiva di attuare misure di intervento quando l’ alimento era però già contaminato.
Oggi invece è possibile garantire una maggiore igiene tramite il “metodo proattivo” che da la possibilità di stabilire misure preventive in anticipo, cioè prima che l’ alimento vada incontro a contaminazioni di tipo fisico, chimico o microbiologico. Il “metodo proattivo” si realizza mediante il manuale HACCP, obbligatorio per legge per ogni locale o azienda che abbia a che fare anche solo in minima parte con gli alimenti. Grazie a questo manuale ogni impresa può autonomamente controllare la condizione di salubrità degli alimenti e tutto ciò che concerne la conservazione e la preparazione. Sostanzialmente questo sistema HACCP si basa sulla prevenzione: le aziende devono quindi ricercare in anticipo durante tutte le fasi lavorative quei passaggi che possono esporre l’ alimento ad un rischio di qualsiasi tipo. Una volta individuato questi pericoli sono tenute a stabilire delle misure preventive ( che siano realmente efficaci ) per impedire la contaminazione. Le misure attuate devono essere tenute costantemente sotto controllo per garantire la sicurezza nel tempo. Bisogna infine stilare il manuale, integrato con tutta la documentazione inerente alle procedure messe in atto e alle varie registrazioni relative per esempio alle temperature da tenere sotto controllo.
La prassi sopra descritta è comunque un riassunto di quelli che sono i 7 principi base dell’ HACCP:
1. Identificare per ogni preparazione quelle fasi che potrebbero diventare un rischio;
2. Determinare i CCP ( Critical Control Point ), ossia le procedure da sottoporre a monitoraggio;
3. Decidere i criteri di sorveglianza dei CCP;
4. Definire i sistemi di monitoraggio dei CCP ( test, osservazioni programmate, ecc.. );
5. Mettere a punto e quindi attuare il monitoraggio per tenere entro un limite accettabile il CCP;
6. Stabilire procedure di verifica per poter affermare che il monitoraggio sia effettivamente valido;
7. Stilare la documentazione ( manuale HACCP ).
Ritengo indubbiamente molto utile questo strumento di autocontrollo che dovrebbe però essere sempre rispettato nel migliore dei modi e il più scrupolosamente possibile.
Ho avuto modo di notare che non sempre viene effettuato un adeguato controllo sui prodotti trattati e, soprattutto, non si esige abbastanza rispetto delle norme igieniche da parte degli operatori, sia in sala che in cucina.
Inoltre, spesso molte pulizie che andrebbero di norma effettuate quotidianamente vengono fatte solo quando si viene a conoscenza di una probabile visita dei NAS o delle ASL, e questo indubbiamente non garantisce la sicurezza della clientela che poi consumerà i prodotti nel locale.
La mia conclusione è che generalmente l’ aspetto esterno di un locale non corrisponde quasi mai al “retro”, ossia dove vengono stoccati e lavorati gli alimenti. |