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Prof Insegnanti:Parere CNPI-Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione su schema di Regolamento riordino Istituti professionali Postato/Ultima modifica il: Mercoledi, 27 Gennaio 2010 (9:32:29)
Argomento: Istituti Professionali
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Questo il parere del CNPI-Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione sullo schema di Regolamento riguardante il riordino degli Istituti professionali formulato nella seduta del 22 luglio 2009 ...
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Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per L’Autonomia Scolastica
Segreteria del Consiglio Nazionale della P.I.
MIURAOODGOS prot. n. 7911 Roma, 22.07.2009
All’On.le Ministro - SEDE
Adunanza del 22 luglio 2009
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Oggetto: Parere sullo schema di regolamento relativo al riordino degli Istituti professionali.
Vista la nota prot. n. 6173 dell’11 giugno 2009 (Dipartimento per l’Istruzione) con la quale è stato
richiesto il parere del CNPI in merito all’argomento in oggetto;
Visti gli artt. 24 e 25 del D.L.vo n. 297 del 16.04.1994;
Vista il documento istruttorio redatto in data 14 luglio 2009 dai Comitati Orizzontali relativi alla
Scuola Secondaria Superiore e agli Istituti di Istruzione Artistica;
Dopo ampio ed approfondito dibattito
E S P R I M E
il proprio parere nei seguenti termini:
Premessa
Il CNPI innanzitutto rileva che sarebbe stato quanto meno opportuno procedere ad una
stesura “in parallelo” degli schemi di regolamento riguardanti i Licei, gli Istituti Tecnici e
Professionali, in modo da assicurare:
• la corrispondenza delle competenze relative alle conoscenze di base con particolare
riguardo a quelle da raggiungere al termine del primo biennio, considerata la
coincidenza di detto biennio con la fascia dell’obbligo;
2
• l’equivalenza di significato tra termini che per loro estensione semantica si prestano
a divergenti interpretazioni come quelli di conoscenza, abilità e competenze,
nonché di locuzioni come quelle di “metodo laboratoriale” e di “pensiero operativo”;
• l’articolazione dei diversi percorsi di studio in coerenza con la funzione
istituzionale della scuola per declinare i livelli essenziali delle prestazioni da
garantire in ogni settore ed indirizzo del secondo ciclo dell’istruzione;
• l’omogeneità nella valutazione dei risultati d’apprendimento, garantita da
parametri e da indicatori adattabili ai diversi curricoli formativi ;
• l’estensione ad ogni ordine di scuola di materie indispensabili alla formazione
civica dei giovani, quali ad esempio il diritto e l’economia, tramite una ragionevole
integrazione dell’orario settimanale delle lezioni.
Il CNPI precisa di essersi già espresso sul riordino dell’istruzione professionale in
occasione della formalizzazione del parere sul documento “Persona, tecnologie e
professionalità – gli istituti tecnici e professionali come scuola dell’innovazione” e pone quelle sue
considerazioni in premessa a questo suo parere.
Il CNPI ribadisce di conseguenza il convincimento che i percorsi di studio degli istituti
professionali debbano trovare una loro caratterizzazione nella diffusione e nella
valorizzazione della cultura del lavoro quale riferimento fondamentale per la formazione
delle giovani generazioni e sostiene che il processo di innovazione debba portare al
superamento di ogni discrasia tuttora esistente tra il conoscere ed il fare, considerata
l’urgenza di mirare alla formazione integrale degli alunni e di assicurare eguale dignità ai
diversi ordini dell’istruzione secondaria superiore.
Ed è alla luce di tali convincimenti che il CNPI si propone di analizzare lo schema di
regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali, e di portare
particolare attenzione sia all’impianto culturale dell’istruzione professionale, sia ai modelli
organizzativi ed alla dotazione delle risorse professionali ed economiche messe a
disposizione della scuola dell’autonomia, al fine di verificare se sussiste o meno congruità
tra le disposizioni in regolamento e gli attesi traguardi di qualità.
L’identità degli istituti professionali
L’iter che ha condotto alla identificazione dell’istruzione professionale quale autonomo
segmento del secondo ciclo è stato complesso per via delle complicazioni generatesi a
seguito del riconoscimento alle Regioni della potestà legislativa esclusiva in materia di
istruzione e formazione professionale.
Con le modifiche apportate al Decreto Legislativo 226/05 dall’art. 13 della legge 40/07, si è
proceduto alla distinzione tra gli istituti professionali ed i percorsi di formazione
professionale, ponendo i primi a capo dello Stato ed i secondi in conto alle Regioni.
Gli istituti professionali risultano così parte integrante del sistema dell’istruzione
secondaria superiore e sono volti a “far acquisire agli studenti competenze spendibili in vari
contesti di vita e di lavoro” ed a mettere “i diplomati in grado di assumere autonome
responsabilità nei processi produttivi e di servizio e di collaborare costruttivamente alla soluzione
dei problemi”.
3
Il CNPI condivide pertanto il richiamo “all’uso sistematico di metodi che valorizzino
l’apprendimento per mezzo di esperienze in contesti formali, non formali e informali” e si
riconosce nella sollecitazione alla “scelta metodologica dell’alternanza scuola lavoro” per un
costruttivo collegamento con il territorio, nella convinzione che gli istituti professionali
possano completare la gamma delle opportunità da offrire alle giovani generazioni nella
loro qualità di percorsi volti a incrociare le diverse e distinte vocazioni della persona,
senza pregiudizi o qualsivoglia forma di penalizzazione.
In tale ottica, appare risolutiva la rappresentazione che dell’istruzione professionale
sapranno dare gli organi istituzionali, perché possa essere percepita dagli alunni, dalle
famiglie e dalla intera società quale opzione culturale di dignità pari a quella degli altri
segmenti formativi del secondo ciclo.
E’ appena il caso di far notare che gli istituti professionali sono attualmente frequentati
soprattutto dalle fasce deboli in considerazione di un convincimento che nasce da una
visione statica della società e da una ideologia propensa a stabilire una sorta di gerarchia
tra gli ordinamenti scolastici.
Il CNPI ritiene di conseguenza quanto meno preoccupante la palmare distanza esistente
nel regolamento in esame tra gli obiettivi di programma che investono il futuro ruolo degli
istituti professionali ed il persistente e reiterato richiamo alla esigenza di modificare il loro
attuale assetto “senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica”, così come considera
incompatibile il disegno di assicurare una indefettibile unitarietà all’impianto culturale
degli istituti professionali con la mancata declinazione delle tutele a salvaguardia del
diritto degli studenti alle pari opportunità formative.
Le misure di accompagnamento
Il regolamento in esame nel definire l’organizzazione dei percorsi degli istituti
professionali si ispira ad una serie di criteri quali:
• La complementarietà tra gli insegnamenti d’istruzione generale e quelli d’indirizzo
in funzione del raggiungimento dei traguardi di competenza previsti dal nuovo
obbligo d’istruzione e dei risultati di apprendimento attesi a conclusione degli
studi;
• L’amplia flessibilità degli orari e dei modelli organizzativi per “ corrispondere alle
diverse esigenze di formazione espresse dagli studenti e dalle loro famiglie”, contenere il
fenomeno della dispersione e dell’abbandono, ed eventualmente operare in
condizione di sussidiarietà d’intesa con le Regioni e le Province autonome;
• La valorizzazione del metodo laboratoriale e del pensiero operativo “per consentire
agli studenti di cogliere concretamente l’interdipendenza tra cultura professionale,
tecnologie e dimensione operativa della conoscenza”;
• La trasparenza degli strumenti di certificazione delle competenze acquisite dagli
studenti, anche per garantire i passaggi tra i sistemi;
• Il raccordo dei modelli organizzativi con gli obiettivi formativi e la conseguente
previsione della costituzione in ciascun istituto di strutture dipartimentali e di un
ufficio tecnico.
4
Sembra pertanto che gli Istituti professionali debbano svolgere un ruolo di rilevanza
strategica nell’ambito del processo di innovazione e che la loro azione debba fare perno
sulla piena valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, essendo la
costruzione dei curricoli e la gestione dei modelli organizzativi demandate agli organi di
governo della scuola cui compete peraltro il compito di interagire in termini costruttivi
con gli organi istituzionali e, in particolare, con l’Ente Regione, depositario della potestà
della programmazione dell’offerta formativa sul territorio.
Risulta, invece, che le istituzioni scolastiche autonome, stante il regolamento in esame, non
solo vengono ulteriormente penalizzate per la riduzione del personale, ma appaiono
destinate ad operare senza le tutele e le garanzie indispensabili per il conseguimento degli
obiettivi di programma di loro competenza.
E’ appena il caso di far notare che il passaggio al nuovo ordinamento, come da art. 8 del
regolamento in esame, è ancora tutto da costruire, essendo demandati a successivi decreti
del Ministro “le indicazioni nazionali riguardanti le abilità e le conoscenze relative ai risultati di
apprendimento”, “gli ambiti, i criteri e le modalità per l’ulteriore articolazione delle aree
d’indirizzo”, la definizione delle “classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello da
destinare all’ufficio tecnico” e gli indicatori “per la valutazione e l’autovalutazione”.
Inoltre, non sono del tutto chiari i margini delle competenze attribuite alla scuola
dell’autonomia in materia di utilizzazione della quota di flessibilità dell’orario annuale
delle lezioni in aggiunta a quella del 20% già ad essa riconosciuta, né sono garantite a tutte
le scuole le risorse economiche per un eventuale arricchimento dell’offerta formativa.
Generica, ancorché priva di un apposito impegno finanziario è, infine, la previsione di
“sostenere l’aggiornamento dei dirigenti, dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e
ausiliario degli istituti professionali” e di “informare i giovani e le loro famiglie in relazione alle
scelte degli studi da compiere per l’anno 2010/11”.
Innovazione e cooperazione
La cooperazione tra le istituzioni è certamente un fattore di qualità e lo è nella misura in
cui si ispira ai principi della sussidiarietà e della solidarietà.
Il CNPI condivide pertanto la previsione di cui all’art. 2, comma 3, del regolamento in esame e
valuta positivamente la possibilità riconosciuta agli istituti professionali di svolgere “in regime
di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze esclusive delle Regioni in materia, un ruolo integrativo e
complementare rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del decreto
legislativo 17 Ottobre 2005, n 226, ai fini del rilascio delle qualifiche e dei diplomi professionali..”, nella
convinzione che il sistema dell’istruzione nella sua configurazione istituzionale debba essere
prioritariamente finalizzato all’esercizio del diritto della persona alla sua piena realizzazione.
Chiaramente una siffatta previsione impone una progettazione formativa tanto flessibile,
quanto rigorosa nella declinazione delle competenze chiave e di indirizzo da certificare
sulla base di condivisi e trasparenti criteri di valutazione, in coerenza con gli standard
nazionali ed il quadro europeo dei titoli e delle qualifiche. E se per tale motivo gli istituti
professionali vanno dotati di specifiche risorse in grado di far dialogare la scuola sia con la
formazione che con il mondo del lavoro, è lecito attendersi, una volta legittimata la
possibilità della cooperazione tra l’istruzione e la formazione professionale, la
regolamentazione dei rapporti intercorrenti tra lo Stato e le Regioni in materia di
istruzione e formazione.
5
Risulta peraltro quanto meno vaga ed approssimativa la previsione di cui all’art. 8 comma
2 del regolamento in esame circa la possibilità di pervenire “a specifiche intese tra il
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il ministero dell’economia e delle finanze e
le singole regioni per la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi e di gestione degli istituti
professionali, anche in relazione all’erogazione dell’offerta formativa”.
Infatti, al di là delle disposizioni dettate dalla legge 244/07 in ordine alla possibilità di
“sperimentare, sulla base di un apposito atto di indirizzo del MIUR, di concerto con il MEF,
d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, modelli organizzativi volti ad innalzare la
qualità del servizio d’istruzione e ad accrescere efficienza ed efficacia alla spesa”, permangono la
tutela costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e la potestà dello Stato di
fissare norme generali in materia di istruzione e di determinare “i livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale”.
Il CNPI ritiene pertanto che sarebbe opportuno già in sede di Conferenza unificata Stato-
Regioni fissare i criteri di riferimento per attivare le intese interistituzionali e individuare,
già nel regolamento in esame, gli ambiti entro cui farle valere. Permane, infatti, la necessità
di evitare sia la proliferazione delle sperimentazioni e la moltiplicazione degli indirizzi e
dei percorsi di studio, sia la segmentazione del sistema dell’istruzione professionale,
nonché l’obbligo di garantire il carattere statale e nazionale degli istituti professionali.
Gli istituti professionali e l’obbligo d’istruzione
L’attuazione del nuovo obbligo d’istruzione prevede:
• l’organizzazione dei percorsi d’insegnamento in funzione dell’acquisizione di
competenze, quali combinazioni di conoscenze e abilità finalizzate “all’esercizio
consapevole della cittadinanza, alla coesione sociale” ed all’occupazione;
• l’individuazione di una soglia comune di conoscenze per consentire ai giovani di
continuare ad apprendere per tutto il corso della loro esistenza;
• l’attuazione di percorsi formativi anche in cooperazione interistituzionale e con
strutture formative accreditate dalla Regione, per contenere e prevenire la
dispersione scolastica e consentire a tutti di conseguire un titolo di studio o almeno
una qualifica professionale entro il diciottesimo anno di età;
• l’istituzione di un biennio unitario, articolato e fortemente orientativo, nonché “la
riorganizzazione dell’intero processo di istruzione e di formazione, sulla base della
continuità educativa, della flessibilità e dell’articolazione dei curricoli”.
Lo schema di regolamento in esame all’art. 5 riconosce l’esigenza di articolare il primo
biennio in funzione dell’assolvimento dell’obbligo e, nello stesso articolo alla lett. d,
individua nella didattica in laboratorio, nell’analisi e nella soluzione di problemi, nel
lavoro cooperativo per progetti le metodologie adatte all’acquisizione di competenze
trasversali in grado di corrispondere alle diverse esigenze poste dai giovani in formazione,
fermo restante il raccordo tra gli insegnamenti d’istruzione generale con quelli di
indirizzo.
6
Al riguardo il CNPI rileva che nonostante le dichiarate intenzioni di procedere ad una
organizzazione dei percorsi di studio in linea con gli obiettivi fissati dalle norme
sull’obbligo d’istruzione, il dispositivo in esame non fissa le condizioni necessarie per il
pieno esercizio del diritto dovere all’istruzione ed alla formazione.
Appare infatti evidente come in assenza di risorse economiche aggiuntive non sarà
possibile mettere i docenti nelle condizioni di “valorizzare gli intrecci tra gli assi culturali”,
“adeguare i criteri e le modalità di valutazione all’interazione di conoscenze, abilità e competenze” e
sviluppare elementi di continuità e di complementarietà tra le competenze di base e quelle
di indirizzo. Sarebbe inoltre opportuno che l’attività di monitoraggio di cui all’art. 7 del
regolamento in esame riguardasse anche i risultati di apprendimento conseguiti nel corso
del primo biennio e che fosse affidato alle scuole il compito di certificare le competenze
effettivamente acquisite in uscita dall’obbligo.
Il Comitato tecnico scientifico ed il ruolo degli organi collegiali
Il CNPI ritiene che il Comitato tecnico scientifico di cui all’art. 5, comma 3, lett. c, del
regolamento in esame si presti a motivati rilievi sul versante della interpretazione delle
norme di cui al DPR 275/99 relativamente alla area della organizzazione dei servizi
strumentali alla didattica, nonché alle competenze del collegio dei docenti.
Non può sfuggire, infatti, come il ruolo del Comitato presenti aree di possibile
sovrapposizione con le funzioni di altri organi della scuola - dipartimenti e collegio
soprattutto - che andrebbero evitate. A tale fine il CNPI auspica una riforma complessiva
degli organi di governo della scuola.
Desta, inoltre, non poche perplessità la sua composizione, atteso che l’articolazione delle
rappresentanze su base paritetica non trova alcuna fondata motivazione all’interno di un
organismo, qual è il comitato tecnico scientifico, cui si riconoscono funzioni consultive e
di proposta.
Il CNPI ritiene utile sottolineare come solo nella prospettiva di un corretto e costruttivo
rapporto tra scuola e società sia possibile veicolare quella cultura del lavoro posta dal
regolamento in esame ad identità degli istituti professionali e come solo “lo studio,
l’approfondimento e l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico” in
coerenza con i percorsi formativi tracciati sulla base dei distinti settori e dei discendenti
indirizzi, possa tornare realmente utile allo sviluppo economico e produttivo del nostro
Paese.
Il CNPI ritiene pertanto che sia da affidare alla scuola dell’autonomia ogni deliberazione
circa la eventuale costituzione e la composizione del comitato tecnico scientifico, con
l’obiettivo di rendere efficace e produttivo il sistema delle relazioni che intercorre tra i
soggetti dell’educazione ed il mondo del lavoro e con l’avvertenza di interpretare il
processo di riqualificazione dell’istruzione professionale nell’ottica della promozione della
persona quale cittadino e lavoratore.
I Dipartimenti
Il CNPI ritiene che l’istituzione di dipartimenti per il sostegno alla didattica ed alla
progettazione formativa debba assumere una significativa valenza strategica sul piano
organizzativo, in raccordo con il collegio dei docenti.
7
Infatti, proprio la cultura della progettazione formativa si fonda sulla dimensione
collegiale e collaborativa dei docenti e da tempo molte istituzioni scolastiche hanno
individuato nella costituzione dei dipartimenti un modello organizzativo in grado di
consentire il raggiungimento di condivisi obiettivi di qualità nel processo di
insegnamento- apprendimento.
Alla luce di queste considerazioni, il COSSS ritiene che si debba superare l’imposizione
normativa a favore di un’azione a sostegno della funzione docente e della collegialità.
Conclusioni
Il CNPI auspica che in sede di seconda lettura dello schema di regolamento in esame,
vengano recepite le istanze avanzate e che siano presi nella giusta considerazione anche i
seguenti suggerimenti e emendamenti legati a situazioni particolari:
• nell’ambito dell’articolazione degli istituti professionali devono trovare collocazione
alcuni percorsi dell’istruzione artistica particolarmente collegati alle tradizioni culturali
del territorio;
• all’art. 9, punto 3, aggiungere “la Regione autonoma Valle d’Aosta”;
• all’art. 9 aggiungere nuovo punto 3 bis: “Le disposizioni del presente regolamento si
applicano anche alle scuole con lingua d’insegnamento slovena, fatte salve le modifiche ed
integrazioni per gli opportuni adattamenti agli specifici ordinamenti di tali scuole”.
Il CNPI, infine, ritiene inaccettabile ed improponibile la previsione di modificare, già a
partire dal prossimo anno scolastico, i moduli orari delle seconde e terze classi degli
istituti professionali che non garantendo i tempi indispensabili per gestire il passaggio dal
vecchio al nuovo ordinamento nega agli alunni il diritto alla continuità educativa.
La variabile “tempo”, infatti, è elemento costitutivo della continuità educativa, poiché le
modalità organizzative, il sistema di comunicazione e l’elaborazione e l’interpretazione dei
contenuti disciplinari interferiscono con il processo di apprendimento.
Inoltre, una accelerazione del processo di riforma in assenza della definizione di atti
funzionali alla sua attuazione, quali la revisione delle classi di concorso, la composizione
delle cattedre per ciascuno degli indirizzi, l’individuazione degli ambiti , dei criteri e delle
modalità per l’ulteriore articolazione delle aree d’indirizzo, genererebbe solo ulteriore
confusione all’interno della comunità scolastica e rafforzerebbe il convincimento che i
nuovi ordinamenti hanno per obiettivo primario il solo contenimento della spesa e non
certo quello di una effettiva riqualificazione dell’istruzione professionale.
IL SEGRETARIO IL VICE PRESIDENTE
Maria Rosario Cocca Mario Guglietti
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