Col tempo e con l’esperienza, si è dimostrato che il cioccolato preparato con cura è un alimento sano e piacevole, che è nutriente, facilmente digeribile e che non presenta, per la bellezza, gli stessi inconvenienti che si rimproverano al caffè; anzi, vi pone riparo, inoltre è adattissimo alle persone che compiono grandi sforzi intellettuali, ai predicatori, agli avvocati e soprattutto ai viaggiatori. Il cacao veniva rovesciato nei truogoli a fermentare per tre giorni. La gente doveva ballare sui semi e il vischio avvolgeva i loro piedi. Un vischio che resisteva al lavaggio e al sapone da bucato. Poi, liberato dal miele, il cacao veniva messo a seccare al sole nelle vasche. Anche lì ci ballavano sopra e cantavano. Dopo otto giorni i semi di cacao diventavano scuri e profumavano di cioccolato. Per trovare i poeti del cioccolato si deve arrivare fino all’ Arcadia, quando il brodo italiano era diventato di gran moda ai tempi dell’ Ancien Regime. Un secolo dopo il gastronomo e giurista francese Anthelme Brillat-Savarin ne ha esaltato le qualità nel suo trattato dedicato al gusto. Da bevanda liquida, il cioccolato è divenuto solido e addentabile, moderno e conservabile, popolare e industriale soltanto a partire dalla scoperta di un signore inglese che nel 1847 inventò la prima bar, la prima tavoletta della storia.
Nessun cibo, tra quelli arrivati dal nuovo mondo dopo la scoperta di Cristoforo Colombo, ha avuto tanti ammiratori e tanta letteratura, ispirando scrittori, poeti, registi e musicisti. Eppure, nonostante sia tanto celebrato, una vera cultura di questo prodotto non si è ancora diffusa. Sono relativamente pochi quelli che sanno distinguere una buona tavoletta da una di bassa qualità. Dopo una lunga esistenza allo stato liquido, relegato inizialmente a bevanda per rinvigorire i guerrieri aztechi e poi per soddisfare piaceri di nobili ed ecclesiastici del 700, passando allo stato solido ha conquistato un altro status, insieme aristocratico e popolare. In età moderna da merenda per ragazzi, è diventato alimento per tutti, fino a raggiungere i piani alti della gastronomia. Conforto per l’ anima e per la mente grazie alla qualità dei suoi componenti, come il potassio e gli antiossidanti, riesce a sconfiggere i luoghi comuni delle diete e l’invadenza del dietetically correct.
Non esiste un cioccolato, ma ce ne sono tanti, tutti da conoscere. Il cibo degli dei come è stato battezzato nel 700, probabilmente rimarrà a prezzi abbordabili per tutti. Per di più la bevanda fu spesso utilizzata per compiere degli avvelenamenti che rafforzavano la diffidenza generale, perché la potenza dei suoi aromi riusciva a mascherare le sostanze velenose. La cioccolata fu addirittura oggetto di una controversia teologica, come testimonia la “Questione morale. Se la cioccolata rompe il digiuno ecclesiastico”. L’assoluzione definitiva arrivò nel 1662 dalla penna del cardinal Francesco Maria Brancaccio, che sentenziò “come solido sì, come liquido no.”
Il cacao si diffuse in Francia sull’onda della diaspora ebraica e degli intrecci delle vicende dinastiche. Fece la sua prima timida comparsa a Bayonne, dove si era insediata una folta comunità giudaica proveniente dalla Spagna, in fuga dalle persecuzione dell’Inquisizione. In Svizzera fu invece necessario attendere il 1819 perché Francois Louis Cailler impiantasse la sua florida industria. La pianta del cacao cresce soltanto nella fascia che va da 20° di latitudine nord a 20° di latitudine sud rispetto all’Equatore, perché ha bisogno di un clima umido e caldo: necessita di temperature tra i 24-28°C con un minimo di 1.500mm di pioggia ripartita nel modo più regolare possibile durante l’ anno. Può crescere in terreni fino a 700m sul livello del mare, ma è piuttosto delicata: soffre il vento e ha bisogno di svilupparsi all’ ombra di alberi più alti. La scoperta delle spezie: la radice di ginger candita e poi ricoperta (riconosciuta dai degustatori più esperti) la piccola cialda di fondente con un grano di sale sopra e infine un’interessante linguetta di cioccolato bianco al pepe rosa. La possibilità di degustare questi prodotti, specialmente senza l’ausilio della vista e senza distrazioni, ha consentito una straordinaria sensazione sensoriale. Si deve sempre degustare e non mangiare, assaggiare pensando a ciò che si sta sciogliendo in bocca, non ingurgitare con voracità. Era dura la vita di chi raccoglieva il cacao negli anni 20 e ancora oggi le condizioni di chi lavora in una piantagione di cacao non sono,purtroppo, molto migliorate. Se l’origine del cacao ci porta in centro America, nella Foresta Amazzonica, oggi l’asse della produzione si è spostato verso l’ Africa. Costa d’ Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun con pochi altri paesi, si aggiudicano il 72,4% della produzione mondiale di cacao contro il 14,9% di Asia e Oceania e soltanto il 12,7% dell’ America.
La scoperta di un nuovo manicaretto giova all’umanità più che la scoperta di una nuova stella.
ORIGINI DEL TE’
Ogni giorno ne vengono bevute miliardi di tazze, tanto da renderlo la bevanda più diffusa al mondo. E’ il tè, una piacevole abitudine che si sta rapidamente trasformando anche nel nostro Paese in una vera e propria passione, testimoniata dal crescente numero di eventi e fiere per il piacere di appassionati e intenditori. Secondo un’antica leggenda, oltre 5000 anni fa regnava in Cina l’ imperatore Shennong uomo di grande cultura e curiosità, appassionato di natura e arte, per ragioni d’ igiene aveva emanato un editto in cui comandava a tutti i sudditi che vivevano nei vari distretti del suo immenso dominio di far bollire l’ acqua prima di berla. Un giorno d’ estate, mentre era in viaggio verso una regione dell’ impero, ordinò alla carovana di fermarsi per godere un po’ di riposo al fresco degli alberi. In ossequio al suo editto i servi misero a bollire l’ acqua prima di offrirla all’ imperatore e ai suoi dignitari. A questo punto secondo la leggenda, il vento si sarebbe levato e alcune foglie secche sarebbero volate nel bollitore, dando origine a un’ infusione dorata. Shennong, che amava studiare i fenomeni naturali, si incuriosì e assaggiò il liquido, trovandolo gradevole e rinfrescante. Così sarebbe nata la bevanda attualmente più bevuta al mondo dopo l’ acqua. E’ molto più probabile però che la scoperta della possibilità di far derivare un alimento dalla pianta del tè appartenga agli abitanti di una regione che si trova al confine degli attuali Myanmar e Repubblica Popolare Cinese. Questo tè era fermentato e pressato all’interno di canne di bambù e veniva utilizzato non per farne infusi ma come verdura da mangiare. Divenne così il thee in olandese e tedesco, tè in italiano, spagnolo, danese, norvegese, svedese e ungherese. In Portogallo si chiama cha, ed esiste un motivo preciso per questa apparente eccezione: i portoghesi infatti trafficavano con il porto di Macao, nella provincia del Canton e in cantonese il tè si chiamava cha. In Gran Bretagna la pronuncia cinese della provincia meridionale del Fujian ( tè ) subì una lieve modifica. La Sicilia, che conobbe una splendida fioritura sotto la dominazione araba, era stata prescelta per compiere esperimenti di agraria, e verificare se qui potessero ambientarsi piante tipicamente ambientali come il riso la canna da zucchero, i carciofi, le arance e altri agrumi. Nel III secolo, un famoso erborista di nome Hua Tou, spiegò in un trattato che questa bevanda era utilizzabile per aumentare la concentrazione mentale e restare svegli. Inoltre fu il predicatore buddista Eisai a introdurre in Giappone l’uso della bevanda cinese quale elemento di un rito religioso. Per questo Isai è considerato in Giappone “il padre del tè” e per questo motivo il tè fu inizialmente associato alla ritualità del buddismo Zen. In Inghilterra, che pure molti indicherebbero come la patri europea del tè, questa bevanda non arrivò che verso la metà del 600. I primi a importarlo in Europa furono i portoghesi e gli olandesi, ma furono i veneziani a diffonderne l’uso nelle città del nord Europa tra la fine del XVI secolo e i primi decenni del XVII. Il motivo per cui la Gran Bretagna arrivò ultima nella conoscenza del tè fu probabilmente l’ascesa al trono degli Stuart e la guerra civile di Cromwell. Le prime partite di tè raggiunsero le isole britanniche fra il 1652 e il 1654. La diffusione della bevanda provocò il naturale interesse del fisco e Carlo II d’ Inghilterra, nel 1676, impose una tassa specifica sul suo consumo. In realtà, l’uso del tè stava facendo crollare gli introiti delle tasse sulle bevande alcoliche e in particolare di quella sulla birra e così il sovrano aveva cercato di proibirne la diffusione, controllandone l’uso e vietando il consumo nei locali privati. Furono gli olandesi a portare per primi il tè in America. Verso la metà del 600 erano infatti molto attivi nei traffici con il nuovo mondo e fu Peter Stuyvesant ha importare il tè a New Amsterdam, la loro principale colonia in America, che poi con gli inglesi sarebbe diventata New York.
La pianta del tè richiede un clima moderatamente caldo e umido, un’altitudine elevata e un suolo acido e ben drenato. Tutti fattori che influenzano la resa e la qualità del raccolto. In India le precipitazioni annuali oscillano fra i 2000-4000 ml, ma quello che più conta per la resa agricola è la distribuzione temporale delle precipitazioni. Piogge eccessive possono infatti causare problemi di drenabilità al suolo.
TE’ VERDI E TE’ NERI
La maggior parte del tè commercializzato nel mondo, appartiene a queste due categorie.
La prima è diffusa soprattutto in Oriente, specificatamente in Cina, in Giappone e nel sud-est asiatico; la seconda in India, in Russia, in Europa, in America del nord e in Australia. c’è però da considerare che i consumi di tè verde in Occidente sono in continua crescita a causa del diffondersi delle conoscenze circa le sue proprietà medicamentose e antinvecchiamento cellulare. I tè neri, sono ottenuti proprio favorendo questo tipo di reazione fra gli enzimi ( presenti soprattutto nelle foglie ) e le catechine o polifenoli primari ( contenuti principalmente nei giovani germogli ), dando origine a una serie di sostanze che non erano presenti nelle foglie vive.
Spezzettate 400 g di cioccolato in una terrina o in una casseruola e fatelo sciogliere a bagnomaria. Lontano dalla fiamma aggiungete 125 g di burro a tocchetti e mescolate fino ad ottenere una salsa liscia.
L’IMPASTO
Rompete 6 uova separando gli albumi dai tuorli. In un’insalatiera sbattete i tuorli con 100 g di cassonata. Aggiungete poco a poco il cioccolato fuso; mescolate bene. Incorporate 7 cl di tè tiepido o freddo.
Montare i 6 albumi a neve soda con un pizzico di sale. Incorporateli delicatamente al preparato di tuorli e cioccolato, avendo cura di mescolare con un movimento dall’alto verso il basso.
Imburrate e infarinate una teglia per le torte. Versate l’ impasto. Passate in forno già caldo a 180°C per 25-30 minuti. Controllate la cottura immergendo uno stuzzicadente.
PROCEDIMENTO PER LA GLASSA
Appoggiate la teglia su una griglia, lasciate intiepidire, poi sformate la torta sulla griglia o su un piatto. Preparate la glassa: sciogliete a bagnomaria 150 g di cioccolato fondente spezzettato con 7 cl di tè e 30 g di cassonata.
PER FINIRE
Versate la glassa al centro del dolce, stendetela con una spatola di metallo sulla faccia superiore e sul contorno. Con un pelapatate ricavata da 80 g di cioccolato tutti i riccioli che riuscite ed usateli come decorazione.
L’ energia del cioccolato, la freschezza del tè: un binomio perfetto per una merenda sostanziosa!
CONSIGLI
Ancora più gustoso se preparato il giorno prima , questo dolce è sempre di grande effetto, nonostante la preparazione piuttosto semplice.
SEGRETI DI PASTICCERIA
Non sempre i riccioli di cioccolato riescono alla perfezione. Preparateli in anticipo per avere la possibilità di scegliere i più belli e recuperate gli scarti per l’impasto. Per ottenere un aspetto più lucente, aggiungete 40 g di burro alla glassa di cioccolato.
NEL CARRELLO
Per il successo di questo piatto scegliete una varietà di tè profumata ( Earl grey ), molto caratterizzata ( China black ) o aromatizzata ai frutti rossi ( mora, ribes ).
PER DECORARE
Più ancora dei riccioli di cioccolato farà colpo un alchechengi in fiore. Si può utilizzare anche della panna montata decorando con qualche greche sulla torta. Per colorare il dolce è carino utilizzare anche confetti colorati.
Abbinamenti gastronomici (vino ed altri piatti) Varianti
ABBINAMENTI
Va gustato con un bicchierino di whisky, un tè (particolarmente profumato) o una flute di spumante.
VARIANTI
Per cambiare la ricetta aggiungete 3 cucchiai di whisky: il suo profumo si sposerà perfettamente al sapore intenso del tè. Con il cioccolato si abbina molto la pera, infatti ci sono diversi dolci ( crostate o torte morbide ) preparate con questi ingredienti. Una ricetta simile ma ancor più particolare può essere la torta al cioccolato bianco, tè verde e pistacchi.
Secondo molti buongustai, il primo dovere del cioccolato è di essere fondente, il secondo di essere mangiato.
Gli ingredienti in questo caso sono pasta di cacao, zucchero, burro di cacao eventualmente lecitina di soia e vaniglia. La percentuale di cacao è estremamente variabile dal 43% in su. In particolare il cioccolato si definisce extra se arriva al 45%, surfin al 50%, extra-bitter al 60% e amarissimo al 70% di cacao. Al di sopra di questa percentuale, si trovano prodotti particolarmente astringenti che hanno pochi estimatori, ma risultano preziosi in cucina nella preparazione dei piatti salati.
È il cioccolato prediletto dei bambini e il più venduto al mondo. Si compone di pasta di cacao, zucchero, latte o derivati del latte. Secondo la legge deve contenere almeno il 25% di sostanza secca totale di cacao e il 14% di sostanza secca di latte, per una componente lipidica complessiva del 25%.
Gli intenditori non lo considerano un cioccolato in senso stretto perché non contiene un grammo di cacao; anch’esso però risente della qualità delle fave e del loro terroir di provenienza, a causa degli aromi del burro di cacao.
Bibliografia
- Il piacere del cioccolato – De Agostini editore
- L’Italia del cioccolato – Touring club italiano – realizzazione a cura di La Madia Travelfood
- Conoscere il cioccolato – il lettore goloso – collana diretta da Allan Bay
- Il tè: verità e bugie, pregi e difetti – Gianluigi Storto con la collaborazione di Salvatore Pellegrino – Avverbi edizioni
Responsabile del lavoro: 083C_lara - venerdì, 08 maggio 2009 alle ore 23:45:28
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